La caduta dei capelli, o “alopecia androgenetica”, è per tutti un fenomeno quotidiano e naturale. Tuttavia, nei cambi di stagione o in seguito a periodi di forte stress psicofisico o a causa di trattamenti farmacologici, la caduta dei capelli diventa un evento visibile, preoccupante e con pericolosi effetti anti-estetici e negativi sul nostro umore, sulla nostra autostima e di conseguenza sul modo in cui ci relazioniamo con il mondo esterno e con le persone.
Negli uomini quanto nelle donne l’alopecia androgenetica è spesso associata a variazioni ormonali che ne determinano il decorso.
Sappiamo da tempo che lo stile di vita che conduciamo, la regolarità del sonno, la nostra alimentazione influiscono fortemente sul nostro livello di salute e di benessere; sappiamo che una alimentazione o un’integrazione a base di aminoacidi solforati aiuta la produzione di cheratine e il trofismo degli annessi cutanei (come capelli e unghie); sappiamo che le vitamine del gruppo B influenzano la crescita celllulare e le fasi del ciclo del pelo.
Ma una nuova ricerca, condotta servendosi di due gruppi di cavie, dai ricercatori della Johns Hopkins University negli Stati Uniti e pubblicata su Scientific Reports, ha mostrato che una alimentazione ricca di grassi e di colesterolo produce uno stato infiammatorio che si traduce in invecchiamento precoce e nella perdita del pelo da parte dei roditori.
Diversamente, nei roditori a cui era stata data una dieta sana ed equilibrata, queste conseguenze negative non erano evidenti.
Nonostante i risultati dello studio non siano stati ancora verificati sulle persone, il Prof. Subroto Chatterjee della Johns Hopkins University di Baltimora ha potuto affermare che i dati “mostrano che una dieta occidentale provoca la perdita e l'imbiancamento dei capelli e l'infiammazione della pelle nei topi”; analogamente possiamo credere che “un processo simile avvenga negli uomini quando mangiano una dieta ricca di grassi e colesterolo”.
La buona notizia è che nello studio è stata testata una nuova molecola che è in grado di invertire questo meccanismo, e ciò potrebbe aprire la strada a nuove terapie nell'uomo sia contro la calvizie che contro le ferite dovute a diabete o chirurgia plastica.